giovedì 20 settembre 2012

Prometheus - "Era meglio se il fuoco non lo davi a 'sti umani"

A scanso di equivoci, a me Prometheus è piaciuto davvero molto.
Trash, fantascienza, azione e mistero uniti sotto una sceneggiatura davvero scadente che solo Damon Lindelof poteva garantire. Ridley Scott sembra essersi opacizzato negli ultimi anni, e con Prometheus ha dimostrato come un intero mito cinematografico (come quello di Alien) possa morire in meno di 2 ore. Neanche Alien Resurrection era riuscito a tanto.
I personaggi sono macchiette inutili, brutti sia a livello estetico che a livello narrativo. Il procedere della storia, sino alla prima metà del film, sembra interessante, abbastanza lenta per godersi queste gigantesche strutture titaniche e il mistero che raccontavano. Con la seconda metà del film tutto cade nell'azione, nella frenesia hollywoodiana atta a voler mostrare scene sempre più assurde e cruente senza un minimo spessore narrativo, senza spiegare nulla di ciò che accadeva.
 Alieni che vogliono uccidere umani, umani che vengono infettati da non si sa cosa, vecchi che non vogliono morire, robot che infrangono le leggi della robotica costruite con tanta pazienza dal povero Isaac Asimov, frigide che sembrano robot, protagoniste che vogliono imitare Ripley.
Insomma, tutto è stato buttato nella caciara più totale!
Tra buchi narrativi, personaggi secondari che diventano antagonisti e che sono truccati come i teletubbies, alieni che vogliono distruggere l'umanità tanto perché molti altri prima di loro (in altri film e in altre epoche future) l'hanno fatto, il film poteva essere sfruttato molto meglio.
Di sicuro ciò che si nota è che i collegamenti con Alien avverranno con altri sequel.

In molti hanno notato somiglianze piuttosto evidenti con la struttura narrativa di Alien, parallelismi che sono utili come linee guida per riportare lo spettatore all'universo mitologico creato con Alien. A molti critici e spettatori non è piaciuta questa mossa. I parallelismi ci sono, ma sono sottili e le differenze sono tante: in Alien l'orrore spaziale è celato e nascosto, si vede solo alla fine del film; in Prometheus l'orrore è evidente e mastodontico, ciò che spiazza non è tanto l'alieno che non si vede quanto l'alieno che si palesa davanti agli occhi dello spettatore mostrandone tutti i particolari.
Per me, è l'unica mossa saggia all'interno di un film che poteva essere un capolavoro.

mercoledì 19 settembre 2012

Resident Evil 6 - Checkpoint della serie



Era il lontano 1996 quando Chris Redfield e Jill Valentine entrarono nella villa Spencer, scoprendo il terrore del virus-T e il piano dell'Umbrella Corp.
Da quel momento la Resident Evil entrò nella vita dei videogiocatori, che per ben 16 anni ha determinato un'importante svolta nel genere survival-horror.

In 16 anni, la saga ha subito numerose trasformazioni, un po' come le armi biologiche che si possono combattere nel gioco. Le trasformazioni hanno toccato soprattutto il gameplay, rivoluzionato con Resident Evil 4: da telecamera fissa e ambienti pre-renderizzati a shooting in terza persona, con la telecamera che segue il protagonista nell'agonizzante avventura, che aveva sempre meno risvolti horror.
Va detto che questo nuovo gameplay ha spaccato i fan in due parti: i puristi, che pretendevano che il gioco ritornasse alle origini del mito del primo capitolo (e soprattutto di quello più amato, Resident Evil 2); e i progressisti, che hanno visto nella rivoluzione della giocabilità uno spunto nuovo di divertimento e intrattenimento.
Con l'introduzione del nuovo gameplay, anche alcune dinamiche e atmosfere sono cambiate. Resident Evil 4 non garantiva atmosfere di puro terrore, come poteva essere garantito nei capitoli precedenti, ma l'adrenalina era causata soprattutto da orde di mostri e da sparatorie incessanti. Da quel momento la saga ha iniziato a mutare soprattutto da questo punto di vista, trasformato ormai più in un videogame action-horror che in un survival.

Resident Evil 4 ha raccontato le nuove disavventure di Leon S. Kennedy, indimenticabile protagonista di Resident Evil 2 che insieme a Claire Redfield è sfuggito all'incubo di Raccoon City. Giocare con i nostri eroi del passato (degli anni 90 direi!) è sempre toccante ed emozionante; con Resident Evil 5 e con il ritorno di Chris Redfield però c'è stato un terribile calo sia a livello di coinvolgimento narrativo che dal punto di vista della giocabilità, ridotta a uno sparatutto in terza persona. Per non parlare di Chris Redfield, che ha fatto troppa palestra.
La storia doveva segnare un punto di svolta dell'intera saga. Invece tutti i personaggi, tra cui l'indimenticabile Albert Wesker, diventano insignificanti rispetto alla grandiosità delle loro storie passate. Tutto viene risolto in esplosioni, piani terroristici poco coinvolgenti e in nemici piuttosto dimenticabili.
In parole povere, tutto viene lasciato in mano al puro intrattenimento cinematografico (fine a sé stesso però, atto semplicemente a mostrare le capacità grafiche del videogame) e all'azione, senza considerare lo sviluppo dell'intera trama che sino al Code Veronica (bellissimo capitolo della saga) stava garantendo un pathos e un intreccio incredibile.


Dopo il deludente Resident Evil 5 e dopo il capitolo per 3DS (che ha risollevato le atmosfere horror della serie) siamo giunti all'attesissimo Resident Evil 6. La demo è stata rilasciata da poco e il videogame verrà rilasciato il 2 ottobre.
Le premesse di essere un grande Resident Evil ci sono: la trama promette 3 punti di vista diversi e quindi 3 personaggi giocabili; la caratterizzazione dei 3 personaggi determina 3 gameplay diversi; infine il ritorno di vecchi personaggi non può che emozionare i fan della saga.

- L'epicità si può assaggiare nella demo, che contiene molti elementi di gioco da cui si può dedurre come sarà il videogame nella sua completezza.
- La demo permette di controllare non 3, ma ben 6 personaggi, i quali hanno armi e movimenti diversissimi tra di loro.
- Il menù di gioco è immediato e intuitivo e si delinea come un'interfaccia perennemente presente durante il gioco.
- La grafica è maestosa (ovviamente la versione demo è piena di imperfezioni che saranno sicuramente eliminate).
- Il controllo dei personaggi è fluido e non non viene interrotto bruscamente se si vuole cambiare arma e se si viene colpiti (se si cade a terra è possibile continuare a difendersi sparando e schivando).
- La possibilità di schivare rende l'azione dinamica.
- L'interazione con l'ambiente permette di pararsi dietro barricate e di superarle.
- La presenza nella trama della campagna cooperativa può permettere maggior divertimento.
- Il ritorno di grandi personaggi del passato come Ada Wong e Sherry Birkin permetterà di chiudere un cerchio rimasto aperto troppo a lungo


- 3 storie (forse 4 a quanto pare, poiché sarà possibile giocare con Ada Wong), 3 gameplay e atmosfere, 6 personaggi giocabili con caratteristiche e abilità proprie, ore di cut-scenes e filmati, ore di gioco (off-line e on-line), sono ingredienti di un videogame che di sicuro non passerà inosservato!
- Nuovi personaggi come Jake (il figlio di Wesker.. really?!) potrebbero dare nuovi spunti per trame e capitoli futuri.
- Il ritorno degli zombie, il ritorno più gradito!

Non si sa se Resident Evil 6 porterà una ventata d'aria nuova nell'intreccio della saga, né se determinerà un punto di svolta, ma è innegabile che ciò che è stato mostrato sia nei video che nella demo permette di capire che ciò che avremo in mano il 2 ottobre non sarà un Resident Evil qualunque.
Di sicuro, non farà schifo come il 5!










giovedì 13 settembre 2012

Kingdom Hearts 3D - Dream Drop Distance





Quando è uscito Kingdom Hearts il mondo videoludico ha vissuto una ventata di aria fresca. Disney e Square Soft (poi Square-Enix) uniti in un unico videogame, in cui Final Fantasy e le favole Disney portavano il giocatore in un universo fatto di pura e semplice magia. Dopo 10 anni siamo giunti alla settima installazione di Kingdom Hearts: Dream Drop Distance, capitolo che segna il ritorno di Sora e Riku e punto di unione di tutti gli altri capitoli.
La Square Enix, a quanto pare, ha dovuto sottostare ad alcune dinamiche aziendali della Nintendo, tra cui valorizzare due titoli usciti per il Nintend DS: Kingdom Hearts 358/2 days e The World Ends With You, i cui protagonisti sostituiscono i personaggi di Final Fantasy, mettendo fine a uno dei crossover meglio riusciti nella storia dei videogame.
Le premesse di questo nuovo capitolo di Kingdom Hearts non sono state delle migliori, soprattutto perché i fan vogliono Kingdom Hearts 3 da tanto tempo. Dream Drop Distance, sebbene ben voluto dai videogiocatori e dai possessori di Nintendo 3DS, non era il titolo che tutti desideravano.

Kingdom Hearts 3D non era necessario. La saga sta subendo ogni sorta di manipolazione per portare avanti la storia, creando nuovi spin-off, aggiungendo nuovi personaggi e mondi. Sono 10 anni ormai che la saga di Kingdom Hearts vive tra una console e l'altra, ma finora nessuno dei sequel è all'altezza del primo Kingdom Hearts.
La creazione di nuovi capitoli ha si determinato un affascinante approfondimento della narrazione, che è stata abbellita da molti punti di vista rendendo il tutto più maturo e intrigante. Però tutto quanto è stato giostrato male, appesantendo una trama che poteva essere risolta con un semplice sequel del primo capitolo uscito per PS2. Per fare un esempio: in Chains of Memories, 358/2 days e Re: Coded sono stati riutilizzati sino all'inverosimile gli stessi mondi Disney, riciclando addirittura le stesse storie e personaggi. La narrazione orizzontale che li unisce tutta alla saga è flebile, quasi evanescente per quanto poco valorizzata.
Un'altra debolezza degli spin-off sono i mondi Disney: nel primo capitolo i mondi erano affascinanti, una novità nel panorama videoludico. Andando avanti con gli spin-off questi mondi sono diventati noiosi, inutili ai fini della trama, trasformando l'esperienza Disney riempitiva e irritante per molti aspetti.
In Kingdom Hearts 2, in Birth by Sleep e in Dream Drop Distance sono stati introdotti nuovi mondi e nuove ambientazioni, ma nell'insieme sono noiosi. Se Dream Drop Distance è superiore a BBS per ambientazioni, è nettamente inferiore per quanto riguarda la trama. In Kingdom Hearts regnava semplicità pura; in Dream Drop Distance regna la macchinosità narrativa e le inutili complicazioni della storia, inserendo addirittura i viaggi nel tempo. A peggiorare la situazione è il fatto che il gioco è totalmente in inglese, quindi comprendere la storia diventa ancora più complicato per noi italiani e per chi non mastica bene l'inglese.

Per quanto riguarda la giocabilità ci sono troppi elementi ma al tempo stesso diverte ed è gratificante. Tra il Flowmotion, il Reality Shift e l'introduzione dei Dream Eater (gli Spirits sono quelli amichevoli, i Nightmare invece sono i nemici) è un vero caos sul piccolo schermo. Inizialmente il tutto è complicato da gestire, ma con un paio di ore di gioco si riesce a utilizzare gestire estremamente bene, non annoiando mai e divertendo come ai tempi di Kingdom Hearts 2.
Un elemento interessante è il Drop, la vera innovazione, che permette di cambiare personaggio giocabile. Ai fini della trama è avvincente ma caotica; ai fini della giocabilità rende dinamico, ma non fluido, l'utilizzo dei due personaggi Riku e Sora. Il Drop è un evento controllabile tramite alcuni oggetti, ma comunque il timer segna l'inesorabile cambio di personaggio.
La gestione dei Dream Eater stona parecchio con il resto del gioco. Questi esseri simil-pokemon non sono solo compagni di combattimento, ma sono equipaggiamenti che danno ai personaggi caratteristiche, aumenti di parametri e abilità. Il problema principale è che bisogna stare dietro a questi mostri: bisogna coccolarli, dar loro da da mangiare, farli giocare e come ricompensa è possibile sbloccare nuove abilità in una specie di mappa simile alla sferografia vista in Final Fantasy X. Il tutto avviene nella realtà aumentata. Insignificante.
La grafica è il punto forte del gioco, una vera goduria per gli occhi. Il 3DS dimostra sempre di essere all'altezza a livello estetico/grafico e l'effetto stereoscopico dona una profondità dell'immagine davvero coinvolgente, anche se personalmente non lo utilizzo molto perché mi deconcentra molto dal gioco.

Questo capitolo connette tutti gli altri spin-off della saga, promettendo (forse) il fantomatico ultimo capitolo di Kingdom Hearts. Ci si rende conto però che è un riciclo di troppe cose a partire dalla musica. Yoko Shimomura non riesce a sfornare un bel brano musicale dai tempi di Kingdom Hearts 2, e vengono costantemente riutilizzati theme arrangiati per l'occasione.
Kingdom Hearts 3D sembra mancare di un cuore.

domenica 9 settembre 2012

Avatar (James Cameron, 2009)


Il progetto risale al 1995, ma è solo dopo gli enormi sviluppi della computer grafica (CG) in questi 15 anni che James Cameron ha potuto sfruttare al massimo il digitale, rappresentando un mondo immenso e fantastico come Pandora. Il live action non è mai stato così realistico e tangibile, e la collaborazione con la Weta Digital (Il signore degli anelli) è un'importante chiave di realizzazione dell'intera pellicola, garantendo una spettacolarità senza confini. Inoltre l'uso del 3-D è stato la ciliegina sulla torta, una prelibatezza di incredibile fascino e coinvolgimento. Dietro Avatar c'è un'innovazione tecnologica formidabile e l'uso particolare della grafica virtuale, che con James Cameron raggiunge vette mai viste: non entrando nel merito dei metodi di ripresa, ci si rende conto dell'enorme cura nel rendere realistici il mondo di Pandora e i Na'vi. In particolare questi ultimi risultano estremamente caratterizzati, e sino al minimo dettaglio facciale: i movimenti fluidi, la vitalità che si riflette negli occhi e la lucidità della pelle sono piccole gemme che fanno dimenticare che in realtà la pellicola è un film in CG.
Avatar è pura sensazione, nutrimento per la vista. Creare un mondo così bello e pericoloso stimola l'immaginazione e la fantasia. Il film va valutato soprattutto come esperienza visiva poiché a livello narrativo è già stato tutto raccontato. L'intreccio è semplice e lineare, con alcuni colpi di scena, ma sempre sotto una luce di ordinaria convenzione narrativa. Inoltre il solito conflitto western buono/cattivo è presente, concludendo l'infinita diatriba tra l'eroe per caso e il generale malvagio con un finale buono, positivo, scontato, ma necessario per soddisfare lo spettatore. Il film è un classico d'azione hollywoodiano, con eroiche gesta, grandi personaggi stereotipati e la solita storia d'amore. Proprio nella sua «classicità» fatta di cliché americani, fini a un'esaltazione di valori positivi, dimostra che la vera forza non risiede in una sceneggiatura innovativa, ma nella commistione di intreccio e spettacolo. E quando Jack e Neytiri corrono nella foresta, mentre la loro storia d'amore sta per sbocciare in una notte illuminata da una flora fantasmagorica, lo spettatore si lascia trasportare totalmente da quell'evento così ordinario, non badando alla storia ma al gioco di emozioni che suscita la visione così onirica.


È stato creato un mondo tanto semplice quanto commovente nelle sue fragili regole. Pandora risulta un'enorme creatura vivente, connessa a ogni altra creatura, la quale è connessa a sua volta con le altre. La flora e la fauna sono state disegnate con l'incredibile collaborazione di Stan Winston: in forme quanto mai bizzarre e realistiche, in colori sgargianti e in ambientazioni evocative, Pandora entra nel cuore, penetra attraverso gli occhi sino quasi a percepire la vita stessa. Il rispetto dei Na'vi, la loro cultura e la loro devozione verso la più piccola creatura rendono l'esperienza di Pandora sacra e intoccabile. E vedere l'uomo «sporcare» con le proprie macchine e la propria guerra quel sacro impero naturale suscita un'emozione indescrivibile: l'empatia con i Na'vi è assicurata.
L'incontro/scontro tra la civiltà avanzata e quella «primitiva» è un tema delicato, usato e riusato, che rischia sempre di sfociare in una sterile critica ai paesi del capitalismo avanzato; in Avatar la critica c'è, ma vengono valorizzati altri messaggi, molto più forti e molto più importanti. L'incipit, lo svolgimento, e persino il finale sono un chiaro riferimento a storie come Pocahontas e Balla coi lupi; la fantascienza irrompe con citazioni quali Matrix,Star Trek e Star Wars. Insomma, Avatar è un amalgama di innumerevoli pellicole, un omaggio al cinema stesso in pieno stile postmoderno, un'unione tra una classica storia e una nuova tecnologia digitale.


Immensa è l'interpretazione degli attori, e ancora più immensa è l'interpretazione dei loro «avatar» in CG. Sam Worthington non convince nelle sue vesti «umane», ma per fortuna è grandioso nelle vesti Na'vi. Dietro la bellissima Neytiri l'attrice Zoe Saldana (Star Trek) commuove nella sua interpretazione di un personaggio così pieno di forza, delicatezza e amore verso quel mondo. Per non parlare della dottoressa Grace, interpretata dalla magnifica Sigourney Weaver. Sono personaggi ordinari e conosciuti, ma proprio grazie a questa familiarità con loro che lo spettatore può dedicare la sua attenzione alla magia delle immagini. E sorprende soprattutto come non annoino nella loro convenzionalità, in particolare il villain di turno Quaritch (rappresentante della cupidigia umana) che si rivela l'antagonista più visto nella storia del cinema, ma convincente.
Il film segna un traguardo importantissimo nella storia del cinema. Il digitale ha una potenza comunicativa incredibile, e grazie ad essa è stato possibile realizzare un film grandioso. È una favola eco-ambientalista, una storia d'amore, un messaggio e un richiamo, una forza e una potenza che trascende il cinema stesso.
Un capolavoro? Domanda che non troverà semplice risposta. Ma la domanda più interessante è se lo spettatore sia pronto a vivere qualcosa di talmente potente da sconvolgere ogni convinzione sul cinema.


Fonte: http://www.cine-zone.it/recensioni/3054-avatar.html

martedì 4 settembre 2012

Doctor Who - Asylum of the Daleks





Se l'era David Tennant garantiva inizi stagione esplosivi ed emozionanti, con l'era Matt Smith si cade sempre nella superficialità e nell'inettitudine di un attore che non ha il diritto di indossare i panni del Dottore. 

La quinta stagione, per quanto aveva il problema di essere vennuta subito dopo Tennant, è stata interessante soprattutto per quanto riguarda la nuova compagna del Dottore, Amy Pond. Le storie erano abbastanza coinvolgenti e alcune puntate come Vincent and the Doctor sono state qualcosa di immenso.
Con la sesta stagione si cade nel trash e nella telenovela. La storia di River Song e della morte (presunta) del Dottore si rivela un buco nell'acqua: la narrazione è orchestrata male, i personaggi secondari sono dimenticabili e il finale di stagione (come l'inizio) sembrano quasi incompleti. 

La season premiere della settima stagione preannuncia un anno insapore, peggio dell'anno precedente. La coppia Amy/Rory ha stancato: è diventata irritante e inutile. Questi due personaggi, come nella sesta stagione, rischiano la vita in continuazione in ogni puntata e riescono a sopravvivere in qualche modo.
Non c'è più spirito di innovazione da parte degli autori, in particolar modo da parte di Steven Moffat che ha trasformato il Dottore nell'ombra di sé stesso.
L'undicesimo Dottore in questa puntata si rivela insopportabile: i movimenti di Matt Smith sono spasmodici e le sue capacità attoriali sono limitanti per lo sviluppo della puntata che poteva essere interessante se non fosse stata per una sceneggiatura povera di contenuti.
Non si ride, non si piange, non si rimane col fiato sospeso: tutto accade senza soluzioni di pathos.

I compagni del Dottore sono diventati delle macchiette a cui sono riservati momenti o di sentimentalismi, o di drammi vuoti o di comicità insensata.
Amy Pond, che era uno dei personaggi che ha risollevato la figura dell'undicesimo Dottore, è diventata irrilevante. La dipartita dei Pond, prevista per la sesta puntata, sarà sicuramente triste (e spero emozionante) ma sarà anche una boccata d'aria fresca perché ormai i Pond non hanno nient'altro da raccontare.
A sostituire i Pond ci sarà Oswin, personaggio che compare in questa puntata e che fa una bellissima impressione. L'unica emozione che si prova guardando questo episodio proviene esclusivamente da lei e dal colpo di scena che ruota intorno alla sua storia. Sebbene in un post passato parlavo male di lei (il pregiudizio è una brutta bestia), guardando l'episodio mi sono potuto fare un giudizio sicuro e positivo.
Il ritorno dei Dalek, che nella stagione precedente sono comparsi di sfuggita, è una vera delizia e l'ambientazione del manicomio dei Dalek è molto interessante ma non sfruttato a pieno. 



Insomma, se dovessi dare un voto a questo episodio che apre la settima stagione darei un bel 5. Si salva soltanto per Oswin, la vera protagonista dell'episodio e che spero diventi la vera protagonista della stagione.


Lo Hobbit - Un viaggio piuttosto lungo..



Ebbene si. Fare trilogie a quanto pare è diventata una vera moda, anche quando non ce ne sarebbe neanche bisogno. Come nel caso di Lo Hobbit, creatura di Tolkien che è stata presa sotto la custodia del padre adottivo degli hobbit, Peter Jackson.
Tra le varie notizie, c'è quella riguardante le date d'uscita dei tre film.
Il primo, Un viaggio inaspettato, uscirà un giorno prima della data che conoscevamo, ossia il 13 dicembre 2012.
Il secondo capitolo invece, oltre ad aver un nuovo titolo (The Desolation of Smaug), uscirà il 13 dicembre 2013.
Infine il terzo capitolo, Andata e ritorno, arriverà nelle sale il 18 luglio 2014.

Insomma, Peter Jackson ci farà soffrire come non mai. L'attesa varrà sicuramente la pena, ma comunque è una mossa piuttosto irritante.

Fonte: http://cinema.fanpage.it/lo-hobbit-cambia-titolo-data-d-uscita-e-diventa-una-trilogia/

lunedì 3 settembre 2012

Metal Gear Solid: Ground Zeroes



Metal Gear Solid: Ground Zeroes sarà la nuova creatura di Konami e Hideo Kojima. Riprenderà la storia di Big Boss dopo gli avvenimenti di Peace Walker.
Il video della demo è stato presentato durante l'evento dei 25° anniversario della saga di Metal Gear.



Tra i dati di fatto, questo capitolo non è Metal Gear Solid 5 bensì il suo prequel.