Doug si sta per sposare, e come di consueto sta per celebrare un addio al celibato a Las Vegas, insieme a Phil, insegnante dal carattere parecchio euforico e fuori di testa, Stu, dentista che vive con una donna opprimente, e Alan, fratello della futura sposa con qualche rotella fuori posto. Così il gruppo parte per la città del peccato; ma la notte che i quattro amici passeranno non sarà del tutto normale, e soprattutto non si ricorderanno assolutamente niente delle follie che hanno seminato. I giorno delle nozze è però vicino, e hanno poco tempo per ricostruire la loro notte da «leoni».
Il film procede per fasi alterne: da un lato segue i soliticliché delle commedie americane, dove un gruppo di amici ne combina di tutti i colori, e dove la comicità viene forzatamente tradotta da una sceneggiatura non sempre innovativa – e in quei casi ci sono delle vere scene fredde in cui non si sa se ridere per forza oppure aspettare che la scena seguente sia più interessante; dall’altro lato però bisogna ammettere che per la maggior parte del film la risata rimane gratuita e quasi mai scadente in battute fini a se stesse, sempre portatrici di uno sano humor assurdo ma non per questo stupido. In questi casi la risata è dettata da una scelta stilistica intelligente, sia perché i personaggi sono carismatici e i loro caratteri riescono a collidere e a provocare ilarità con molta semplicità – e in particolare bisogna evidenziare il ruolo di Alan e Stu – sia perché il modo in cui la storia si svolge crea una certa attesa nel conoscere che cosa hanno combinato quella notte folle a Las Vegas.
Ciò che accade durante questa viene ricostruito in una sorta di indagine, in cui i protagonisti non solo devono ricordare cosa sia successo ma devono cercare il loro amico Doug, il quale (in teoria) è il protagonista centrale di tutta la storia, ma (in pratica) diventa un espediente narrativo in cui la sua scomparsa conduce i veri protagonisti della storia verso situazioni assurde, scoprendo man mano la notte ancora più assurda che hanno avuto. Gli indizi di ciò che hanno fatto sono seminati per tutta Las Vegas, e sia lo spettatore che i protagonisti sono ignari del perché una tigre si trovi nel bagno della camera d’albergo, così come del perché ci sia un bambino nello sgabuzzino. Quindi non solo il divertimento è provocato da questa serie di tracce una più assurda dell’altra, ma anche dallo sbigottimento e dalle reazioni che hanno i personaggi. I quali, benché standardizzati (c’è il solito stupido del gruppo, il fuori di testa, e il razionale), conducono la trama con leggerezza, senza cadere nello svogliato o in un eccesso di comicità demenziale.
Il film non ha attori di grande calibro; quelli presenti (almeno qua in Italia) sono del tutto sconosciuti. Zach Galifianakis (Alan) è una sorpresa all’interno del film, sia per l’aria divertente a priori, sia per l’interpretazione mai eccessiva. I titoli di coda saranno una sorpresa, e senza accorgersene si riderà molto di più durante lo scorrere dei titoli che durante tutto il film. Quindi rimanete seduti e godetevi lo spettacolo. Una notte da leoni non racconta niente di nuovo in fin dei conti, ma il modo in cui è raccontato e gli attori sono comunque un ottimo mezzo per farsi delle risate differenti da quelle offerte dalle varie commedie che sono sul mercato.
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