Jason (Joshua
Close), giovane film maker, sta girando un film dell’orrore insieme ai
suoi amici. Il gruppo non si immagina che il vero terrore si sta diffondendo in
tutto il mondo, e che un’orda di morti viventi si sta riversando sulle strade,
contagiando e uccidendo chiunque. La sopravvivenza è istintiva, ma Jason ha
l’istinto di documentare tutto, e con la sua macchina da presa inizia
riprendere la shockante verità che i media stanno minimizzando.
Nel 2007 George A. Romero ritorna in
vita con un progetto interessante, incerto se preso nei suoi difetti narrativi
e interpretativi, ma sperimentale se si considerato il passato cinematografico
del regista.
Aderendo al successo stilistico di Blair Witch Project, l'occhio di Romero si moltiplica e si trasferisce
su più strumentazioni video: dalle telecamere a circuito chiuso a quelle dei
cellulari, sino alla macchina da presa del protagonista cinefilo. La scelta di
raccontare la storia attraverso diversi dispositivi non è casuale e il tema è evidente:
chiunque ha possibilità di diventare un potenziale “film maker”, di documentare
qualsiasi cosa con i mezzi a disposizione e poterla divulgare via Web, terreno
fertile dell’amatoriale. Romero fa
il punto della situazione dell’individuo contemporaneo, immerso totalmente
nella tecnologia e con la rete Web come piattaforma per diventare informatori
attivi e non solo essere fruitori passivi dell'informazione.
Come è solito nelle storie di Romero
anche in questa pellicola il regista horror più temuto torna a parlare della
società per mezzo dei suoi morti viventi, sempre più famelici e pericolosi.
Inoltre trova un pretesto per parlare di cinema e del suo linguaggio come modo
per combattere il monopolio dei media. È un film che fa riflettere sul ruolo
dell’informazione: gli avvenimenti che stanno accadendo in tutto il mondo
vengono divulgati occultando la gravità della situazione. La crisi
dell’informazione è un pretesto per il protagonista Jason di documentare quanto sta accadendo, di poter informare e
possibilmente aiutare tutti coloro che fuggono o lottano contro gli zombie.
Internet diventa la roccaforte dell’informazione amatoriale, quella che vuole
essere verità.
Durante la pellicola, la telecamera passa da persona a persona, ma il
protagonista Jason, il film maker in erba che per tutta la trama fa di tutto
per poter riprendere i terribili avvenimenti, esemplifica il cinismo
dell'operatore dietro la macchina da presa, il distacco dalla realtà per
poterla mostrare; l’operatore che presta il suo sguardo per far vedere noi
spettatori. Questo altro tema è interessante, ma pur troppo non sempre
coinvolgente; comunque nel procedere della trama questo tema diventa un
problema tra Jason e Debra (Michelle
Morgan), la quale rimane shockata dalla sua ossessione e che solo in
seguito comprende l’importanza delle sue azioni.
L'impronta di Romero è evidente, ma
stavolta non è eccezionale. Le cronache dei morti viventi ha il
terribile difetto di essere troppo sperimentale, e non lascia spazio né a
innovazioni e né a una storia coinvolgente. L' interpretazioni degli attori è
più che scadente, e le scelte discutibili dei personaggi e le reazioni di
fronte agli eventi terribili sono talmente irrealistici da lasciare incredulo
lo spettatore, fin troppo abituato a certi tipi di azioni nel panorama del
cinema horror. Le scene shockanti sono poche, ma lo splatter e il gore non
manca di certo, appagando lo spettatore. Inoltre sono numerosi i riferimenti ai
primi (La notte dei morti viventi e Zombie), che i veri amatori di questo filone filmico noteranno
sicuramente, come ad esempio alcuni “camei” di personaggi dei film precedenti.
Nelle intenzioni di George A. Romero non c’è mai stato così tanto spirito
cinico nel raccontare una storia di zombie, ma ha giocato tutte le carte in tavola
a suo sfavore per poter rinnovare il suo stile. Il rischio è stato pagato con
un film non convincente. Un sequel è già in lavorazione, e lo stile di ripresa
“amatoriale” non è in programma; si spera in una rivincita di Le
cronache dei morti viventi.
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